I videogiochi rappresentano una delle forme di intrattenimento più diffuse per tutte le fasce d'età. In sé, non sono né buoni né cattivi: sono strumenti, spesso anche creativi, immersivi, stimolanti. Ma quando il gioco perde la sua funzione simbolica e diventa un meccanismo compulsivo, può trasformarsi in una prigione invisibile.
Nel mio lavoro come Psicologo, mi capita di incontrare persone – adolescenti e adulti – che raccontano di giornate intere passate davanti a uno schermo, di relazioni trascurate, di una crescente difficoltà a bilanciare il tempo reale e quello virtuale. Ridurre il fenomeno a semplice noia o fuga sono è un modo molto superficiale di guardare alla questione. Ma di un vero e proprio disorientamento della volontà.
L'Approccio Anima, che guida i miei interventi, parte da una premessa fondamentale: il sintomo, anche quello più disfunzionale, è un linguaggio dell’inconscio. Dietro la dipendenza da videogiochi può celarsi una spinta psichica non ascoltata, un bisogno simbolico che non ha trovato forma nel mondo concreto.
La dipendenza, in qualsiasi forma, può essere letta come un'esperienza dell'Io che perde contatto con il proprio centro. Nel caso dei videogiochi, questo si manifesta spesso con un senso di impotenza: "non riesco a smettere", "non riesco a fare altro". Il lavoro inizia qui, nella ricostruzione della volontà, non intesa come forza bruta o disciplina esterna, ma come riconquista del proprio orientamento interiore.
L’Approccio Anima lavora proprio su questo punto: restituire all’individuo la possibilità di scegliere, di ascoltarsi, di riconoscere il proprio desiderio autentico. Non si tratta di "vietare" o "controllare", ma di capire cosa sta cercando l’anima attraverso il gioco.
Secondo la psicologia del profondo, ciò che ci cattura ha sempre una funzione psichica. Il mondo dei videogiochi è un universo archetipico ricco: eroi, nemici, quest, mondi alternativi... elementi che rimandano a dinamiche profonde dell’inconscio. In alcuni casi, l’eccessiva immersione può indicare un bisogno dell’anima non riconosciuto nella realtà quotidiana: il bisogno di avventura, di riscatto, di appartenenza, di identità.
Nel percorso di supporto, queste immagini non vengono rimosse ma ascoltate e integrate: Cosa racconta questo gioco della tua vita? Di quale missione hai davvero bisogno, qui e ora?
Non è sufficiente "spegnere il videogioco" per liberarsene. Spesso, è necessario accendere un’altra dimensione interiore. L’Approccio Anima lavora per accompagnare la persona a ritrovare il senso del proprio cammino, la forza della scelta, e il contatto con quel nucleo interiore capace di orientare, trasformare, creare.
Non si tratta di combattere il gioco, ma di tornare a giocare la propria vita.
"Nessuno è libero se non è padrone di sé stesso."
— Epitteto